Quando si parla di Medicina Orientale la prima cosa che viene in mente sono la fitoterapia (l’uso delle erbe per curare) e l’agopuntura. È un’associazione di idee molto povera se si pensa che la medicina orientale si è sviluppata proprio come la nostra cercando di comprendere il corpo da tutti i punti di vista con i mezzi e la filosofia disponibili nelle epoche passate.
La stessa idea di agopuntura moderna è piuttosto riduttiva in quanto viene normalmente considerato solo l’uso dell’ago e molto raramente l’uso di altre tecniche complementari che in origine erano molto più frequenti anche solo per il fatto che un tempo gli aghi erano molto più grossi e più difficili da sterilizzare; più si va indietro nel tempo e più si nota che assomigliano sempre di più a strumenti chirurgici più che al concetto odierno di aghi.
Il carattere cinese che identifica la pratica dell’agopuntura è in realtà un carattere doppio che contiene il segno del metallo (ago) e quello del fuoco con sopra un radicale al quale sono stati dati diversi significati tra cui: il controllo del fuoco; qualcosa che si arrotola; qualcosa che matura nel tempo.
In generale quindi possiamo vedere come la stessa agopuntura, nel pensiero cinese originale, viene considerata l’unione del metallo (ago) e del fuoco controllato ovvero la moxa. Questo è molto in linea con il pensiero medico orientale che prevede la divisione in malattie Yin e malattie Yang. Questa concezione duale prevede necessariamente un metodo di trattamento che sia più Yin (ago) e uno che sia più Yang (Fuoco).
Quindi nei secoli e nei millenni l’uomo ha notato sempre di più una risposta favorevole del proprio corpo all’applicazione del calore in zone più o meno estese; il passaggio probabilmente è partito dall’esperienza del fuoco da campo o più probabilmente dei tizzoni di brace che toccando accidentalmente un punto facevano migliorare un fastidio che magari permaneva da tempo.
Da queste esperienze lentamente sono state sperimentate diverse forme di trattamento con il calore fino ad arrivare al concetto moderno di moxibustione che utilizza una pianta (l’artemisia) che viene essiccata e resa più o meno fine a seconda della tecnica utilizzata.
La tecnica di moxa maggiormente conosciuta (anche grazie al suo utilizzo nel modificare la presentazione podalica del feto) è quella che utilizza il “sigaro” di moxa. Le foglie vengono arrotolate creando un vero e proprio sigaro che viene acceso e avvicinato al punto di agopuntura che si vuole trattare.
Questa tecnica è molto semplice e potremmo considerarla quasi casalinga in quanto facilmente gestibile anche dai non addetti ai lavori. Ha ovviamente anche meno efficacia e alcune limitazioni: ad esempio non viene utilizzata sugli stati infiammatori acuti in quanto sviluppa tropo calore e può aumentare l’infiammazione.
Ci sono modi di usare la moxa che possono essere più versatili e più efficaci su una vasta gamma di disfunzioni anche perché permettono di poter trattare molti più punti insieme.
In particolare nella Medicina Giapponese, la moxibustione ha avuto una evoluzione separata da quella dell’agopuntura e ha potuto specializzarsi in modo maggiore.
Già nel periodo Edo, considerato l’era d’oro del Giappone, la moxa veniva usata nei templi o nei bagni pubblici per trattare alcune condizioni comuni; venivano applicati coni di artemisia molto grossi (2 cm di diametro) e fatti bruciare fino in fondo. La pratica era molto dolorosa, tanto che i “pazienti” venivano messi seduti con un palo davanti da afferrare e stringere nel momento in cui la moxa bruciava la pelle.
I primi a modificare in modo importante la tecnica sono stati i Maestri Ken Sawada, Hara Shimetaro e Isaburo Fukaya.
A partire dal maestro Ken Sawada, la moxa inizia a modificarsi e a diventare una tecnica più gradevole. Questo è accaduto perché a un certo punto della sua carriera è stato chiamato a trattare l’imperatore del Giappone sul quale non poteva utilizzare gli aghi vista la credenza dell’origine divina del sovrano (in una certa misura ancora ai nostri giorni questa idea non è del tutto scomparsa per i giapponesi). Fu costretto a usare un trattamento solo con la moxibustione; l’imperatore guarì e lo stile del Maestro Sawada divenne molto famoso e iniziò a spargersi per il giappone. La particolarià rispetto allo stile precedente consisteva nell’uso di un maggior numero di punti che prendevano in considerazione diversi meccanismi del corpo proponendo un trattamento globale chiamato Taikokyu. Sawada modificò anche l’idea del Triplice Riscaldatore (un concetto cardine della Medicina Orientale non ancora pienamente compreso nella Medicina Occidentale) e questo concetto divenne la base dei suoi trattamenti.
Il Dr. Hara Shimetaro rappresenta il primo medico occidentale che cercò di comprendere quali modifiche la moxa poteva effettivamente ottenere a livello di componenti corpuscolari nel nostro sangue. I suoi studi, per quanto imprecisi rispetto alla moderna ricerca scientifica, raprresentano un primo tentativo di comprendere i reali meccanismi della moxibsutione.
Divenne un acceso sostenitore della pratica della moxibustione su ST36 come sistema della longevità.
Morì a 108 anni andando in pensione a 104 dal suo mestiere di medico.
Isaburo Fukaya rappresenta il più moderno interprete dei testi classici sulla moxibustione. Ha modificato ulteriormente la tecnica cercando di renderla più gradevole e meno dolorosa modificando i la grandezza dei coni e ideando strategie per diminuire la sensazione dolorosa del calore (alla sua epoca era ancora presente il concetto che il fuoco della moxa dovesse arrivare alla pelle per avere un effetto). Per primo ha dato delle regole precise alla pratica della moxibustione rendendola teoricamente indipendente dall’agopuntura.
Ho avuto la possibilità di conoscere personalmente il figlio di Isaburo Fukaya che nella vita in realtà è un chitarrista professionista (e per questo ha cambiato il suo nome in Hideo Shinma, ma ha voluto continuare a diffondere la tecnica del padre per come l’aveva imparata direttamente da lui.
Insieme a Hideo Shinma ho avuto la possibilità di praticare sotto la supervisione del Maestro Tetsuya Fukushima che rappresenta la massima autorità nel campo della moxibustione giapponese e delle sue applicazioni cliniche portando modifiche o mantenendo le indicazioni originali quando hanno riscontro valido nella pratica clinica.
La tecnica moderna prevede la preparazione di coni di artemisia molto piccoli che vengono posti sul punto selezionato con una crema che fa da protezione e permette al cono di stare in sede.
Il cono viene acceso tramite un incenso e viene poi spento quando sta per arrivare alla pelle.
La cute si arrossa come reazione allo stimolo ma non viene mai danneggiata.